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“Non si può non comunicare”, esordisce con uno degli assiomi della comunicazione Valentina Tacchi, editrice e direttrice responsabile de “Il faro” (giornale di informazione, comunicazione in rete , eventi e business networking), nell’intervista che mi ha fatto in occasione della due giorni del circuito in-Lire, L’unione fa la forza, tenutasi a Milano l’8 e il 9 luglio scorsi.
L’intervista ha toccato temi importanti della mia vita e le ragioni profonde del mio lavoro, che affondano nell’amore e nella passione autentica per le storie. Perché, come ha inteso bene Valentina, quando mi chiede se “raccontare se stessi è il primo passo verso il successo”, è proprio così: anche perché la maggior parte degli imprenditore non conosce la propria storia, “nel senso che l’unica possibilità per conoscerla davvero è raccontarla”.
Loro, infatti, “sono talmente presi a scrivere nuove pagine, che non si fermano mai a riflettere su quello che è successo nella loro vita. Quindi fermarli davanti alle telecamere e, con le domande giuste, fargli raccontare la loro vita…è come se si incontrassero per la prima volta ”. Accade una sorta di magia, dice Valentina, e mi chiede quale sia l’ingrediente importante per far uscire quella scintilla da cui nasce la storia e la voglia di raccontarsi. La scintilla è la passione: “io faccio questo lavoro perché sono un appassionato vero di storie, perché le storie mi emozionano, ancora oggi davanti a certi film biografici piango. Soprattutto se sono storie di riscatto. E nel nostro Paese di storie di riscatto ce ne sono più di quanto immaginiamo. Il segreto è essere uno che fa il mio mestiere perché gli piace farlo. Perché dà un valore alle storie”.
Poi Valentina menziona la mia esperienza nell’organizzazione di eventi (circa 2000 fino ad oggi), ricordandomene uno che mi sta particolarmente a cuore e che ci accomuna sotto un certo punto di vista: Il Faro – uomini che lasciano il segno, un format di marketing territoriale che ho ideato (oltre che un premio dedicato alla Calabria) per valorizzare il sistema portuale vibonese.
Si tratta di uno degli eventi più belli, portato sul palcoscenico in 5 edizioni, dal 2005 al 2011, e legato alle storie di uomini “faro”, uomini, cioè, che hanno lasciato un segno della loro vita. Ho raccontato a Valentina che quando ho immaginato questo nome la notte non ho dormito alla ricerca di un personaggio che fosse davvero un punto di riferimento. E mi è venuto in mente Gianni Rivera, primo pallone d’oro nella storia del calcio italiano, l’uomo del 4 a 3 sulla Germania…e poi i fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale che, partendo da Napoli e riuscendo a salire sul tetto del mondo, hanno portato in primo piano una disciplina come il canottaggio, ancora poco conosciuta dal grande pubblico.
Infine, in questa passerella virtuale sulla mia esperienza, Valentina mi chiede di uno dei miei ultimi progetti, grazie al quale sono presente nell’evento L’unione fa la forza, cui partecipiamo entrambi, e cioè la web-tv in-Lire, che mi vede come intervistatore dei vari imprenditori del circuito. Il fatto è, come racconto a Valentina, che nel 2010 ho compreso che il moltiplicarsi dei canali analogici avrebbe significato la morte della televisione, quella che noi conoscevamo, e l’ulteriore accelerazione verso il web: capii che bisognava intraprendere altre strade. Forse l’ho fatto un po’ in anticipo rispetto ai tempi, ma con le mie web-tv ho avuto modo di sperimentare il linguaggio televisivo del web, che è cosa diversa da quello della tv classica. Oggi prima si ha successo sul web e poi, magari, si diventa attori o cantanti famosi. “Oggi il web è la vera piazza e le altre piazze sono parallele al web.”
Valentina mi ha chiesto infine quale sia il mio prossimo progetto. Le ho risposto che, per me, mettere insieme le persone è la cosa più esaltante; ma questo è anche il bisogno che le persone hanno di più, anche quelle che non ne sono consapevoli. E la maggior parte di loro non lo sa perché questo Paese ci ha educati all’individualismo e a vedere nell’altro un nemico. Noi italiani siamo, a mio avviso, già forti di per sé ma riuscendo a fare rete diventiamo insuperabili, perché questa è l’unica cosa che ci frena rispetto ad altri Paesi. Insieme possiamo fare la differenza.
L’intervista termina sulle ali di un augurio: l’anno prossimo, insieme, per un’altra edizione de “Il faro” in un’altra città portuale italiana.